martedì 6 luglio 2010

Le ragioni di una protesta. Lettera aperta agli studenti della Facoltà di Lettere.

Le ragioni di una protesta. Lettera aperta agli studenti della Facoltà di Lettere.
Care Studentesse e cari Studenti,
per spiegare perché i docenti di questa Facoltà e di tante altre in Italia hanno aderito alla protesta contro il DDL Gelmini e la manovra finanziaria Tremonti basterebbero
- i tagli pesantissimi previsti sugli stipendi dei docenti e dei ricercatori (già i più bassi rispetto alle medie europee; considerando che un ricercatore prende servizio con 1200 euro al mese con un successivo minimo incremento ogni due anni).

- la minacciata riduzione della tredicesima.

Se a questo aggiungiamo una riforma in itinere che mortifica il ruolo dei Ricercatori, posto “ad esaurimento”, l’introduzione di figure di ricercatore a tempo determinato, dunque precario, senza alcuna garanzia, anche in caso di merito, di accesso ai ruoli, oltre ad altri numerosi e importanti aspetti tecnici di questa riforma che non ci piacciono (tra cui le misure relative alla governance che prevedono una significativa presenza di privati negli organi di governo), crediamo che la nostra protesta trovi ampia giustificazione. I ricercatori, è bene sottolinearlo, hanno sostenuto in questi anni un significativo carico didattico a titolo assolutamente gratuito pur non essendo previsto dal contratto.
Ci rendiamo tuttavia conto che queste potrebbero apparire ragioni, per così dire, “soggettive”, rivendicazioni personali o corporative, legittime certamente, ma che non spiegano certo perché gli studenti dovrebbero essere solidali con noi.
Il fatto è che questi aspetti, appena illustrati, sono solo una faccia di un problema più generale che riguarda essenzialmente quanto il nostro Stato spende e ha intenzione di spendere per la Formazione e le politiche culturali.
Protestiamo anche perché in questi ultimi due anni i tagli, che il governo ha portato al finanziamento delle Università pubbliche, hanno costretto tutti gli Atenei ad aumentare le tasse (e ci costringerà probabilmente a farlo ancora).

Protestiamo contro il lucido disegno strategico di questo Governo di smantellare il sistema delle Università pubbliche, asfissiandole lentamente ma inesorabilmente sul piano economico.
Protestiamo perché voi studenti abbiate ancora la possibilità in futuro di studiare presso una Università pubblica, democratica e accessibile a tutti .
Protestiamo perché i tagli hanno costretto tutte le Università ad azzerare i fondi per la ricerca e per l’alta formazione (dottorati, assegni, borse di studio, contratti di ricerca).
Protestiamo perché le intelligenze e le volontà di voi giovani di questo territorio così potenzialmente ricco ma ancora troppo depresso, possano continuare ad avere nell’Università di Foggia un punto di riferimento, una risorsa insostituibile di crescita culturale, economica e sociale.
Protestiamo perché le minori entrate ci hanno costretto ad orari di chiusura delle strutture scomodi per voi e per noi.
Protestiamo perché spesso non riusciamo a garantire servizi e strutture adeguati per gli studenti.
Protestiamo perché politiche nel migliore dei casi disattente, con scarso rispetto per voi e per noi, ci hanno portato a rivedere, al ribasso, l’offerta formativa, costringendoci a ridisegnare annualmente gli ordinamenti, gettando nel caos un sistema che chiedeva solo stabilità.
Protestiamo perché gli scarsi investimenti sulla formazione hanno provocato una drastica riduzione del personale docente nell’ambito dell’istruzione primaria e secondaria , chiudendo a voi importanti sbocchi lavorativi nella scuola. Protestiamo perché, nonostante reiterate promesse e ciclici annunci, a quasi tre anni dalla chiusura delle SSIS non è data la possibilità di completare il vostro profilo professionale con l’abilitazione all’insegnamento, mentre le proposte oggi ancora in discussione in Parlamento sono fumose e non prive di criticità. Protestiamo perché gli sbocchi lavorativi nell’ambito dei beni culturali sono preclusi da politiche che hanno colpito Biblioteche, Musei, Soprintendenze con la stessa virulenza con cui è stata colpita l’Università.
Stiamo protestando, dunque, anche perché il vostro titolo di studio , quello che noi rilasciamo, abbia un valore spendibile nel mondo del lavoro, perché i vostri e i nostri sforzi non siano frettolosamente e qualunquisticamente intesi come frutti marci di un albero malato, ma come frutti maturi di un percorso qualificato e professionalizzante.
Stiamo protestando fondamentalmente perché questo Paese si accorga, una volta per tutte, che la Formazione e la Cultura sono un settore strategico da cui dipende il futuro di tutti, non un inutile orpello di cui liberarsi per far cassa.

Se lo credete anche voi, siate solidali con i docenti che protestano.

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